Martina Colombari racconta il rapporto con il figlio Achille e svela di essersi rivolta a uno psicologo insieme al marito Billy Costacurta, per gestire il legame con il 16enne. L’ex modella e il calciatore sono innamorati da oltre 25 anni. Si sono sposati nel 2004, coronando il loro sentimento con la nascita di un figlio, e da allora non si sono più
45 anni e una bellezza che non è mai svanita, Martina Colombari è una fra le Miss più amate nella storia di Miss Italia. L’attrice si è raccontata in una lunga intervista, parlando delle difficoltà incontrate nel corso della pandemia, fra la Dad e l’isolamento. La Colombari ha parlato del mestiere di mamma definendolo come “il più difficile del mondo, specialmente adesso. Si va a intuito, col cuore e con la testa. E come si fa, si fa male”.
“Noi ci siamo fatti aiutare – ha confidato -. Chiedere un aiuto esterno da un esperto o uno psicologo, nei momenti di difficoltà, non è qualcosa di cui ci si debba vergognare. Anzi […] Il Covid ha rotto gli equilibri, ha stravolto la routine delle famiglie. Per non parlare dei genitori che hanno perso il lavoro: io non mi posso lamentare, ma nel mio
Martina ha poi raccontato come Achille, 16 anni, ha affrontato la Dad. “Ogni scusa era buona per spegnere la telecamera. La merenda, una pausa, una sigaretta. I ragazzi di 16 anni hanno esigenze precise e lo studio non è necessariamente tra quelle”, ha ricordato. La Colombari ha confessato di aver affrontato delle discussioni molto dure con il figlio e il marito Billy Costacurta. “Sia io che mio marito non abbiamo alle spalle percorsi scolastici conclusi con la laurea – ha spiegato -, perché le nostre carriere si sono sviluppate subito dopo il diploma. Per lui siamo l’esempio vivente che l’università non sia fondamentale. Dice: a voi non è servita. Ora si è convinto che vorrebbe aprire un ristorante. Ma prima deve fare gavetta da cameriere, trovarsi un socio, lavorare sulla creatività e sul marketing. È difficile spronarlo senza demotivarlo. Soprattutto adesso, che manca la distanza”.
Un aiuto è arrivato grazie alla decisione di rivolgersi a una psicologa. “Noi ci siamo fatti aiutare da una psicologa che si occupa di genitorialità – ha spiegato -. Lo dico serenamente: chiedere aiuto non è un atto di debolezza, ma di grande amore per i propri figli”.